lunedì 7 aprile 2014

Una storia di scherma, regole e pensiero imbecille.

Mario Roboanti è uno schermidore. Rappresenta il suo paese agli appuntamenti internazionali e non sempre fa una bella figura. Mario, infatti, è basso, cicciottello, piuttosto lento e con una forza limitata: nonostante le sue caratteristiche fisiche, però, Mario riesce a rimanere nella medio alta classifica grazie all'esperienza, agli allenamenti congiunti con altri atleti, al prestigio e alla soggezione che il suo nome ancora incutono agli avversari.

Un giorno Mario si è svegliato con una strana idea in testa: "Non sono io che non sono abbastanza bravo per essere il campione del mondo, sono le regole della federazione che mi imbrigliano! Senza quelle io sarei il campione assoluto!".

Forte di questa convinzione Mario comincia a lamentarsi pubblicamente dei regolamenti internazionali di scherma, soprattutto all'interno della sua squadra; cerca di attirare altri atleti alla sua causa, con anche un certo successo tra chi vegeta nei ranghi inferiori della classifica, ma la maggior parte di loro risponde semplicemente "No, grazie" e continua a cercare di entrare nella federazione di Mario.

Mario prosegue per la sua strada ed un bel giorno si presenta ad un incontro con un elaboratissimo abito con mantello "MADE IN ITALY 100%" (fatto dai Cinesi a Prato) ed uno spadino magnificamente intarsiato (DOCG).
Convinto di vincere, e stravincere, passa arrogante dai suoi ex compagni di squadra glorificando l'importanza dello stile sull'efficacia, annunciando che le cose fatte in Italia sono migliori di ogni altra cosa al mondo, mostrando orgoglioso i fregi e gli intarsi del suo spadino agli atleti avversari.
Tutto ciò che ottiene sono sorrisi freddi e domande imbarazzanti:
"Ma il mantello non ti da fastidio per schivare? Non ti appesantisce?"
"Ma lo spadino non è troppo corto?"
"Ma quella guardia mi sembra un po' inefficace.."

Invidiosi, sono solo invidiosi, è il pensiero di Mario mentre torna al suo posto.

Quando è il suo momento di combattere Mario annuncia pubblicamente il suo rinunciare ai regolamenti e implicitamente anche alle tutele che la federazione e la sua squadra gli garantivano. Il suo primo incontro è contro Alenka Bineri, Slovena, più volte sconfitta in passato senza particolari problemi.
Mario sfoggia delle riverenze per mostrare a tutti la raffinata fattura delle sue vesti e dello spadino, mentre Alenka gli da le spalle e armeggia con una strana valigia.

Quando Mario decide di scattare verso la sua avversaria si accorge che quello che lei tiene in mano non è una spada, ma un lanciafiamme. L'incontro finisce in una fiammata. Il magnifico vestito di Mario è in fiamme ed il suo spadino è miseramente sciolto.

In tutti gli incontri successivi, anche quando gli avversari con un rispetto che assomiglia molto alla pietà decidono di usare l'equipaggiamento standard, Mario viene clamorosamente sconfitto, le sue spade e le sue armi sempre molto vistose sono inefficaci, le sue vesti lo impacciano e tristemente si rende conto che in fondo quei regolamenti una loro utilità l'avevano.
Inoltre i costi di iscrizione e di equipaggiamento sono aumentati vertiginosamente senza gli sconti della federazione e gli aiuti dei compagni di squadra.

Per la fine della stagione Mario è piombato negli angoli bui del fondo della classifica, in compagnia di alcoolizzati che combattono con bottiglie rotte, tossicodipendenti con in mano siringhe e uomini traumatizzati che tremano agitando un machete.

Mario tenta un timido approccio per rientrare nella federazione, scusandosi e accettando qualunque umiliazione pur di tornare in alto, promette allenamenti costanti, dieta ferrea, rigore, e tante altre cose che aveva promesso già anni prima, in occasione del suo primo ingresso in squadra.
Ma nessuno gli crede, a nessuno importa più di Mario che ha mandato a quel paese i suoi compagni e rivali per arroganza. Ora Andrzej combatte abbastanza bene al suo posto, Manolo aiuta con il catering al posto suo, Pierre supplisce al morale ed alle storie di gloria passata e Hans studia tattiche e strategie di squadra senza più nessuno che lo infastidisca.

Quindi addio piccolo Mario, ti troverai bene laggiù e magari ti renderai piano piano conto da solo che se sei finito lì non è colpa della tua squadra, ma solo tua. Anche se probabilmente starai già raccontando ai disadattati attorno a te del complotto che ti ha fatto cacciare dal club dei grandi perché erano tutti invidiosi del tuo stile superbo. Testa di cazzo.